Nomenscope 2017: cosa cambia nel mondo dei marchi

Nomen France realizza periodicamente una analisi approfondita dei marchi depositati in Francia e a livello comunitario, effettuata sulle società CAC 40 (ovvero, in sintesi, le più importanti aziende francesi quotate alla Borsa di Parigi). Cosa scopre? Mette in evidenza alcune tendenze, morfologiche e semantiche, che ci fanno capire in quale direzione sta andando il brand naming nel paese dei nostri cugini francesi. Vediamole insieme, arricchite da alcuni nostri commenti. E in Italia? Non abbiamo a disposizione un rapporto analogo, ma possiamo riconoscere anche da noi tendenze molto simili.

Tendenze morfologiche

#1 Lettera K (es. Kayou di Renault): utilizzata in modo più intenso rispetto al quadriennio 2008-2012, la lettera K è presente nel 10% dei marchi registrati; conferisce asprezza, dinamismo, potenza e robustezza, richiama al termine knowledge (conoscenza, competenza) e si pone bene per la pronunciabilità internazionale (meglio di –c e –q). E interessante notare come la lettera K sia stata scelta anche da François-Henri Pinault per rinominare la holding del lusso, precedentemente nota come PPR, e dal 2013 nota come KERING. La K va dunque al di là dei settori merceologici e dei confini nazionali.

#2 Doppia vocale (es. Brio di L’Oréal): facile da pronunciare, le forme –ia, -io, -eo, -ea comunicano apertura e dolcezza ; in particolare il finale in -a è utilizzato in ambito tecnologico, quello in –o nei servizi, quello in –ia nei nomi dove prevalgono le consonanti (a sottolineare l’aspetto tecnico del prodotto/servizio offerto); il finale in -a funziona perfettamente a livello internazionale non essendo associato ad alcuna lingua in particolare (diversamente, ad esempio, per il finale in -i che richiama l’italiano). Un altro interessante esempio è quello offerto da un nuovo nome nel mondo dell’hotellerie, CURIO, «a Collection of Unique Hotels by Hilton», nato nel 2014 e presente nel mondo con 49 sedi. L’idea immagino venga dal concetto di «cura», care, anche se il Curio è un metallo radioattivo della tavola periodica degli elementi che deve il suo nome ai coniugi Pierre e Marie Curie.

#3 Lettere rare (x, z, q, w) (es. Kaygo di Société Générale): queste consonanti sono presenti nel 41% dei marchi analizzati quando meno del 2% delle parole francesi le contengono; essendo inusuali, rispondono in qualche modo alla crescita inesorabile del numero dei marchi depositati; alcuni casi riusciti vedono q+i richiamare il concetto di soffio vitale Qi o il quoziente intellettivo, la lettera X richiamare la matematica, la W al concetto di tribù/comunità, la Z dinamismo e agilità. La disponibilità del dominio desiderato è un obiettivo per molte aziende, quindi queste lettere spesso risolvono un problema. Sul tema della disponibilità del dominio web, occorre tra l’altro fare attenzione alle scorciatoie: se si può facilmente ovviare alla mancanza del dominio disponibile aggiungendo al nome scelto una lettera (raddoppiando una vocale, modificando una I con una Y), questo non basta a rendere unico un brand, anzi rischierà solo di renderlo meno trovabile su web rispetto a chi possiede il dominio esattamente equivalente.

#4 Mots-valise (es. Volumifique diL’Oréal): nate dalla fusione di due o più termini lontani tra loro, a loro volta rispondono al problema dell’affollamento delle classi di registrazione in quanto nomi di fantasia, e in contemporanea rafforzano la personalità facendo leva sull’immaginario e, nei casi migliori, raccontano una storia. 

#5 Segni di puntuazione e caratteri speciali (es. Time & Gems di Kering): la & e l’apostrofo prendono il posto della @ e del + molto presenti nel periodo 2008-2012; la & è premiata perché breve e sinonimo di connesione, l’apostrofo perché segno di dinamismo e musicalità. C’è anche chi usa la & all’inizio del proprio brand, non certo in maniera linguisticamente canonica (& Other Stories, di H&M Group).

#6 Lingue rare o esotiche (es. Ikiru di Pernod Ricard): pur restando importanti il latino e il greco, le lingue esotiche come il sanscrito, maori, indi, finlandese, giapponese emergono con decisione, perché dotate di sonorità nuove e quindi mediamente più disponibili, oltre che in grado di comunicare il desiderio del brand di aprirsi al contesto globale. La tendenza è attuale e segno dei tempi, vista da un lato la sempre maggiore multiculturalità di una ampia fascia sociale, cosa relativamente nuova in Italia, assodata in Francia, dall’altro l’apertura crescente ai viaggi, che permette ai brand di far sognare luoghi visitati o immaginati, spesso tristemente irraggiungibili per via del deterrente del terrorismo, particolarmente efficace negli ultimi tempi.

Tendenze semantiche

#1 I marchi-motto (Fly your ideas di Airbus): raddoppiati come incidenza sul totale (6% vs 3% del quadriennio precedente), aspirano a evocare un messaggio universale e asserire un posizionamento aspirazionale. E comune a essi il concetto di libertà, più raramente l’audacia e la trasgressione.

#2 Marchi esperti (Inpowered di Danone): in linea con il periodo 2008-2012, sono ben evidenti marchi che desiderano esprimere potenza, eccellenza e impiegano superlativi come top o max, ma la nuova tendenza è quella di concentrarsi più sui risultati che sulla performance attraverso i suffissi -effi, -mission, -direct o (più scientifici) -ic, -ist, così come quelli più elaborati come -smart, -sense. Se era il concetto di intelligenza/astuzia a prevalese tre anni fa, ora prende più spazio quello di capacità di guidare le scelte al meglio e competenza nella consulenza. 

#3 Marchi agili (es. Morphoflex di Safran): libertà (-easy, -flex, -agile) e flessibilità (-lib, -free) sono concetti ancora ben evidenti, a testimoniare il desiderio di rispondere su misura alle esigenze del cliente.

#4 Marchi colorati (es. Blue velvet di L’Oréal): è il blu (e tutte le sue declinazioni in azzurro) il colore che la fa da padrone nel triennio di osservazione, e non solo perché siamo in Francia ; subito dietro c’è il verde e a seguire arrivano gli altri colori, dal rosso al nero, soprattutto nei settori del lusso e dei cosmetici. Il blu è utilizzato in maniera senza dubbio più versatile, a rappresentare la purezza, l’infinito, la spirituale, l’energia, ma anche la natura, in alternativa al verde.

#5 Marchi epicurei (Alive di Air Liquide): si tratta dei marchi che fanno riferimento alla vita (-lif, -liv, -viv, -vita) o al buon umore (smile, play), nel tentativo di tessere una relazione di complicità con il consumatore evocando il carpe diem. Anche questa è una risposta alla crisi economica e sociale, al bisogno di leggerezza.

#6 Marchi naturali (Aqualane di Total): la tendenza semantica non è nuova ma varia, nel triennio in esame, nelle modalità di espressione ; se prima la natura era rappresentata dai suoi elementi (aria, acqua, vento, stelle) e dalla radice -eco, ora i campi lessicali utilizzati sono quelli dei minerali, dei fiori e dei toponimi, promessa di autenticità e ritorno alle origini.

#7 Marchi onirici (Dreamclay di Lafarge): facendo leva sui campi lessicali del sogno e delle pietre preziose, questi marchi si sganciano completamente dalla funzionalità per porre l’accento sulla sensorialità, e questo non solo nei settori del lusso bensì anche nei settori premium dell’industria (come l’automotive) per esprimere eccellenza ed esclusività.

Aggiungiamo una tendenza al NomenScope che abbiamo colto soprattutto nel settore automotive e che chiameremo #8 Marchi distonici. riguarda nomi di prodotti che colpiscono per un suono molto deciso ai limiti del cacofonico e – almeno in Italia – riconducente a concetti negativi o comunque fastidiosi. Stiamo pensando a T-ROC (Volkswagen), KAROK (Skoda) e STONIQ (Kia). Qui l’intento è comunicare muscolo, resistenza, insieme ad un filo di aggressività. Ma questa associazione vale il prezzo che si paga in termini di sonorità?

Gianluca Billo - Managing Director Nomen Italy

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