Naming, ordine pubblico e buoni costumi: quando i nomi di profumi sfiorano l’indecenza

Il 17 aprile 2024, il Tribunale dell'Unione Europea ha rifiutato la registrazione del marchio "Pablo Escobar", simbolo della criminalità organizzata, per contrasto con l'ordine pubblico. Sebbene l'esigenza di un marchio conforme all'ordine pubblico e ai buoni costumi abbia impedito la registrazione di "Pablo Escobar", è evidente che molti marchi portano nomi che richiamano figure criminali (tra cui "Bonnie and Clyde" o "Al Capone"), o che hanno più in generale una connotazione provocatoria.

Gli specialisti in creazione di nomi e brand identity di Nomen vi propongono un'analisi di questa strategia di naming provocatoria, mettendola in prospettiva attraverso i marchi di profumi.

I nomi di profumi, un vero "Scandalo"

L’industria del profumo, in particolare, sembra adorare questi brand name provocatori. Ma perché proprio i profumi e non i prodotti alimentari, le automobili o i capi d’abbigliamento? Il potere di un profumo è forte: per alcuni una "madeleine di Proust", per altri un fattore di fiducia in sé stessi, una tecnica di seduzione, un generatore di sensualità... In poche parole, un profumo ha il potere di far riaffiorare emozioni, talvolta tabù nella società, e il cui desiderio sembra essere l’archetipo (DésirToxic è una marca di profumi sviluppata da Micallef). L’idea delle fragranze potenti è spesso associata a una sorta di ipnosi o droga, un’idea di disinibizione, il che spiega i nomi di alcuni profumi presi dal lessico delle dipendenze. Che modo migliore per illustrare questa idea se non i profumi sviluppati da Jean Paul Gaultier come "Scandal By Night" e "Scandal Absolu"?

Nomi di profumi dall'accento "addictive"

L'idea di dipendenza viene usata spesso da marchi rinomati nella commercializzazione dei loro profumi. È difficile non pensare ai celebri profumi "Opium" e "Yvresse" di Yves Saint Laurent, o ai profumi "Dior Addict" e "Hypnotic Poison" di Dior.

Più in generale, la dipendenza può essere intesa come riferita al campo delle passioni, o addirittura delle pulsioni, che sembrano essere la vera chiave per creare nomi di brand provocatori. Viene così preso di mira tutto ciò che il "savoir-vivre" rende tabù. Tra queste "passioni" troviamo non solo l'alcol o le sostanze psicotrope (più in una prospettiva di dipendenza), ma anche pulsioni sessuali o persino omicide. In linea con queste idee, ci sono anche nomi di marchi che denotano una certa violenza, come quelli ispirati a criminali noti, o che includono nomi di armi, senza che il nome abbia necessariamente a che fare con il prodotto in questione. Pensiamo, ad esempio, ai vari profumi "Bonnie and Clyde" sul mercato o al marchio di profumeria "Juliette has a gun".

Nomi dalle molteplici sfaccettature

È interessante notare che i nomi di criminali utilizzati come marchi possono evocare aspetti diversi dalla sola violenza. Prendiamo l'esempio di Bonnie and Clyde come marchio di profumo. Quando il consumatore medio sente questo nome, potrebbe pensare all'immaginario creato attorno a questa coppia di criminali, più che ai crimini in sé. Come non pensare alla canzone di Serge Gainsbourg e Brigitte Bardot, al film "Sono innocente" di Fritz Lang, o "Bonnie and Clyde" di Arthur Penn? Oppure, ancora, a una storia d'amore passionale: Bonnie non ha forse lasciato tutto per seguire Clyde? Infine, molti possono vedere in Bonnie e Clyde un’allegoria della lotta contro un’epoca difficile (la Grande Depressione), una ribellione contro l’ordine morale della società. Più che criminali, Bonnie e Clyde sono diventati veri e propri simboli. Se prendiamo l'esempio del brand "Juliette has a gun", questa profumeria presenta la bellezza femminile come una vera e propria "arma di seduzione". Oltre alla correlazione con la dimensione letale dell'arma, il termine "gun" rappresenta qui un vettore di liberazione femminile, un riequilibrio a favore dell'uguaglianza dei sessi.

Un naming provocatorio come promessa di sfidare i divieti

Il fascino che tali marchi dal nome provocatorio possono esercitare sul consumatore risiede nel loro lato "scandaloso", capace di far sentire l'acquirente come se stesse "sfidando i divieti", offrendo un senso di rottura dalla routine, un tocco di avventura quotidiana. In poche parole, questi brand provocatori creano nell'acquirente l'idea di "rischiare", di flirtare con l'illegalità, senza che alcun rischio reale gravi su di lui. Il mondo dei profumi abbonda di nomi evocanti il concetto di "divieto", tra cui "L'Interdit" di Givenchy, "Liaison dangereuses, typical me" e "Forbidden games" di Killian Paris, o ancora "Beyond love: prohibited".

Grazie ai loro nomi provocatori, questi brand possono essere considerati veri e propri esutori, un modo per i consumatori di vivere i propri divieti, di liberare le pulsioni. Anche se l'universo dei profumi conta un numero significativo di marchi dal tono provocatorio, questa strategia di naming non è riservata esclusivamente a questo settore. Si pensi, ad esempio, al marchio francese "Orgasmic Cacao" per prodotti alimentari, o ai numerosi marchi "Shotgun" per vari usi.

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