Semplificare il nome di brand: una tecnica valida?

Questa tendenza è ben nota alle agenzie di brand naming e di branding: l’abbreviazione del nome di brand (brand name) è una tecnica di rebranding sempre più popolare negli ultimi anni. Consiste nel rimuovere o fondere parole del nome originale per semplificarlo, oppure nell’adottare un nuovo nome più corto.

Come per qualsiasi cambiamento di brand, si tratta di un processo delicato. Un cambiamento troppo radicale rischia di far perdere l’identità del marchio, mentre una scelta inappropriata o difficile da comprendere può alienare, o addirittura infastidire, i clienti.

Se alcune aziende sono riuscite brillantemente nella transizione, altre hanno conosciuto veri e propri fallimenti. L’analisi di diversi casi emblematici degli ultimi anni consente di individuare buone pratiche ed errori da evitare nella scelta di un nuovo nome.

Vediamo innanzitutto alcuni esempi di aziende che hanno avuto successo nell’abbreviare il nome di brand

Nel 2017, The Huffington Post è diventato HuffPost, affermandosi come un blog d’informazione più accessibile e vicino al pubblico. Questo cambiamento è stato ben accolto, in parte perché si basava su un soprannome già utilizzato dai lettori. La fusione delle parole ha permesso di mantenere l’identità del marchio, segnando allo stesso tempo un’evoluzione. Inoltre, le modifiche al sito web e al logo sono state moderate, evitando di disorientare i lettori abituali. HuffPost rappresenta quindi un ottimo esempio di rebranding riuscito, che unisce modernizzazione e continuità.

Un altro caso di successo è quello di Dunkin’, la catena americana di caffè e ciambelle. Nel settembre 2018, il marchio ha ufficialmente eliminato la parola Donuts per riflettere meglio il suo posizionamento come brand di bevande da asporto. Questa scelta si inseriva in una logica di modernizzazione, mantenendo però la familiarità del soprannome Dunkin’, già presente nel suo iconico slogan: “America runs on Dunkin’”. Il logo e i colori sono stati mantenuti, garantendo una continuità visiva. Sebbene il nome Dunkin’ possa risultare meno comprensibile a livello internazionale, la ricezione generale è stata positiva.

Passiamo ora ai casi di abbreviazione del brand name che hanno suscitato reazioni negative

Nel 2021, la società di gestione patrimoniale scozzese Standard Life Aberdeen è diventata ABRDN. Questa scelta mirava a unificare i diversi marchi sotto un unico nome, ma ha principalmente suscitato scherni. Il problema principale era la difficoltà di pronuncia, con il nome percepito come A Burden (un peso) anziché come Aberdeen. Diversamente da HuffPost e Dunkin’, il cui rebranding era stato ben spiegato, il messaggio dietro ABRDN era confuso. Dopo quattro anni di critiche, l’azienda ha infine cambiato di nuovo nome, diventando Aberdeen Group, ponendo fine a quella che è stata definita una "distrazione".

Un altro esempio è ConvertKit, che ha brevemente cambiato nome in Seva. L’obiettivo era riflettere l’ampliamento dei suoi servizi oltre l’email marketing. Tuttavia, l’azienda non ha considerato l’impatto culturale del termine Seva, che in sanscrito significa "servizio disinteressato". Questa scelta è stata percepita come un’appropriazione culturale a fini commerciali, suscitando forti critiche. Di fronte a tali reazioni, il marchio è tornato rapidamente al nome iniziale, per poi adottare un nuovo abbreviazione: Kit. Questa versione mantiene coerenza con il vecchio nome, evocando al contempo un set di strumenti.

Infine, uno dei cambiamenti di nome più controversi resta quello di Twitter, ribattezzato X nel 2023 su iniziativa di Elon Musk. Il rebranding è stato accompagnato da un cambio di logo e da una visione più ampia per la piattaforma. Tuttavia, la transizione ha generato numerose critiche: secondo uno studio, il 55% degli utenti continua a utilizzare il nome “Twitter” invece di “X”. Sebbene Musk volesse allineare il social network al suo ecosistema di marchi (Model X, SpaceX, X.com), molti considerano che abbia cancellato un nome iconico e gran parte dei valori associati, perdendo così una parte dell’eredità e dell’identità di Twitter.


Se state pensando di abbreviare il nome del vostro brand, ecco alcuni consigli da seguire:

  • Analizzate se la vostra azienda ha già un soprannome popolare che possa fungere da base per la transizione.
  • Verificate se il nuovo nome ha significati particolari in altre culture, per evitare controversie.
  • Assicuratevi che il nome sia chiaro, facile da pronunciare e mantenga un legame con l’identità originale.
  • Infine, la cosa più importante: non cambiare nome senza una solida motivazione strategica e senza un messaggio esplicito, poiché un rebranding poco giustificato può essere percepito come inutile o addirittura destabilizzante per i vostri clienti.

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