Meghan Markle: polemiche e potere del Personal Branding
Leggiamo su varie testate la polemica sul “naming sbagliato” del nuovo brand lanciato da Meghan Markle. Il nome è American Riviera Orchard, e non è ad oggi ancora ufficiale cosa identifichi. Si parla di un nuovo marchio di lusso nel mondo del lifestyle “domestico” (tavola, cucina, abbigliamento…).
Sono sorte numerose polemiche sul nome, sui social. Per molti commentatori (sì, esiste la categoria commentatori…) il nome è orribile, per vari esperti di naming (questo invece è un mestiere) il nome è sbagliato: troppo lungo, troppo generico, poco distintivo, cheap, banale, non abbastanza sofisticato per quello che dovrebbe rappresentare.
Riteniamo, da esperti di naming, che molte di queste osservazioni “tecniche” siano corrette (un nome troppo lungo si dimentica facilmente, si confonde con altri, si abbrevia appena possibile), ma vogliamo aggiungere due elementi alla riflessione.
Un brand deve far parlare di sé, deve farsi notare. E tante volte un nome “sbagliato” che attira l’attenzione e che fa parlare di sè vale di più di un nome “giusto” comunicato poco e male. Con un mix accorto di tutti gli elementi di marketing, un brand emerge e ha successo anche con un nome orribile.
Meghan è un personaggio mediatico, molto famoso e seguito da milioni di fan. Ha in sé la forza di un superbrand, di un lovebrand. Potrebbe usare il proprio nome per identificare nuove attività imprenditoriali, un nuovo lifestyle brand, e sarebbe sicuramente più semplice che creare un brand con un nome creato ad hoc. Così fan tutte le star dello spettacolo e della musica: Rihanna con Fenty, Kim Kardashian con Skims, persino Fedez con NooN… creano nuovi brand e danno loro un nome specifico, diverso dal nome proprio. Non capitalizzano sul proprio personal branding attraverso un brand stretching. Perché?
Beh, perché se il nuovo brand è un insuccesso sarà dimenticato senza intaccare profondamente il nome proprio della star, che mantiene la sua aura e i suoi follower. E se il nuovo brand diventa un successo può essere venduto a un grande investitore senza che la star perda la propria forza d’identità. La star, se ben gestita, può fare ciò che vuole. Anche lanciare un brand con un nome orribile e avere ugualmente successo.
Insomma, la star ha un brand ed è un brand. Lo abbiamo capito. Cosa lascerà in eredità ai propri discendenti? Il personal branding può essere trasmesso ai legittimi successori, come si trasmettono le quote di una società di famiglia?
Armelle Sabba - Direttrice Linguistica Nomen Italia